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La sentenza della Corte di Cassazione n. 9442/2024 si pone come un tassello essenziale sul tema della ricorribilità dei provvedimenti di affido dei minori.

È noto, difatti, che in precedenza (ad es. Cass. 33612/2012 e 33609/2021) la Corte di cassazione si era pronunciata per la improcedibilità della devoluzione avanti ad essa corte poiché, così sosteneva, i provvedimenti di affido minori -non assumendo definitività- sarebbero sempre modificabili (Cass. SS. UU. n. 2953 del 1953).

Abbiamo, però, più volte assistito come principi ermeneutici della Corte abbiano trovato breccia.
Nel caso in esame la riflessione che è sopravvenuta è data, giustamente, a fare una ulteriore valutazione sul contenuto della decisione tesa a valorizzare la ricorribilità per ricorso straordinario laddove la posizione giuridica incida su diritti soggettivi fondamentali.

La fonte del diritto, nel nostro caso, è data dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ed è quello della vita familiare suscettibile di essere leso da quelle statuizioni che possano essere tanto limitative o in contrasto con la forma di affido scelto (il più delle volte condiviso) da non consentire la cooperazione tra genitori nel prendersi cura dei figli.
In effetti, la Corte, afferma che il c.d. diritto di visita non sia un diritto (ecce homo) e che esso indichi unicamente il tempo in cui il genitore non convivente possa tenere con sé il figlio ed esprimere, in quel tempo, non una visita ma l’insieme della cura, accudimento ed educazione che la responsabilità genitoriale impone.

Ebbene, i cd “best interests of the child” della Convenzione dei Diritti del Fanciullo, maldestramente tradotta ed ancor peggio interpretata in Italia come il supremo interesse, è in effetti un equilibrato contemperamento dell’insieme degli interessi che, nella declinazione concreta che un giudice ha il dovere di compiere nel decidere ogni caso specifico, dovrebbe elevare -tra i diversi interessi del minore- i migliori; interests, non a caso, è un plurale.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dinanzi la quale il nostro Paese non a caso è stato più volte sanzionato, ha precisato che -ferma la libertà di ogni Stato di articolare nel concreto secondo il proprio ordinamento interno il diritto alla relazione familiare- non ci deve mai essere una compressione della relazione familiare oltre limiti minimi che possano comportare rischio di recisione della relazione stessa (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017 Improta c/ Italia; Corte EDU, 23 marzo 2017 Endrizzi c/ Italia; Corte Edu 23 febbraio 2017 D’Alconso c/ Italia; Corte Edu 15 settembre 2016 Giorgioni c/ Italia; Corte Edu 23 giugno 20165 Strumia c/ Italia;: Corte Edu 28 aprile 2016 Cimini c/ Italia).

La Corte Europea, dunque, ha precisato che il Paese membro debba garantire l’effettività della relazione (e della vita privata) non pronunciandosi con disposizioni stereotipate e intempestive poiché il semplice trascorrere del tempo può ledere i diritti al legame tra genitore e figlio.

Il principio anzidetto è stato recepito dalla Corte di Cassazione che ha ulteriormente elevato a principio nomofilattico l’assunto per cui il genitore non convivente ha il dovere-diritto a svolgere pienamente le sue funzioni di cura, educazione, istruzione ed assistenza morale anche nei cd pernottamenti dovendo comprendere ogni momento della vita.

È questa una decisione che ci lascia favorevoli giacché, come noto, un genitore non si spegne mai al calar del sole.

Avv. Francesco Angelo Tesoro

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Il pedagogista si occupa di cura, tutela ed educazione delle persone in relazione a un bisogno o a un problema di tipo formativo ed educativo, intervenendo sul progetto di vita e sull’orientamento al futuro, con interventi di tipo preventivo e di promozione delle risorse personali.

Un percorso di consulenza pedagogica offre l’opportunità di un affiancamento temporaneo, grazie al quale creare nuove basi relazionali per riuscire a utilizzare le proprie risorse in modo efficace, trovando gli strumenti necessari ad affrontare situazioni difficili, per un possibile cambiamento. Tutto ciò avviene utilizzando strategie in grado di costruire un ponte tra le difficoltà della persona e le sue potenzialità fino a far emergere e accrescere l’intero ventaglio delle sue abilità.

La consulenza pedagogica può essere rivolta a genitori e familiari che attraversano un momento di criticità nella relazione con i loro figli. Si rivolge sia alla coppia che al singolo genitore. L’obiettivo è di supportare i genitori aiutandoli a leggere la situazione da un altro punto di vista, fornendo loro informazioni utili sulle fasi di sviluppo e sulle dinamiche educative in gioco, in modo che possano trovare un modo operativo e personale per svolgere il proprio ruolo genitoriale. La consulenza non ha finalità diagnostiche o terapeutiche ma attraverso l’ascolto i genitori vengono supportati nel mettere a fuoco i problemi, connettere tra di loro le situazioni e individuare possibili soluzioni riscoprendosi così efficaci e competenti.

Nello specifico, il pedagogista si occupa di sostenere e aiutare i genitori nell’educazione dei propri figli; incrementare e rafforzare le competenze educative e genitoriali; potenziare le situazioni che presentano carenze e difficoltà educative.

Il Pedagogista può aiutare i genitori a leggere e comprendere meglio i comportamenti del proprio figlio e a capire la situazione specifica; individuare le soluzioni e le strade percorribili, tenendo conto della fascia di età del bambino; rafforzare il ruolo educativo di ciascuno dei genitori; attivare le risorse personali per fronteggiare e risolvere le difficoltà e a scoprire modi diversi di organizzare la quotidianità per sentire meno la fatica e rispondere meglio alle necessità dei figli.

La consulenza pedagogica è utile quando si crede di aver provato tutti i modi possibili per farsi ascoltare o per cambiare abitudini non più adatte a loro ma in modo non adeguato; quando, di fronte a un cambiamento significativo all’interno o all’esterno della famiglia, non si sa come fare a parlarne ai figli o quali atteggiamenti sia più utile avere; quando nelle nuove fasi di crescita dei figli ci si trova di fronte a nuove sfide educative e non si sa come gestire il momento.

Sono tante le domande che può farsi un genitore sull’educazione del figlio, come per esempio le seguenti.

Con figli piccoli:

• Mio figlio non mi ascolta, come posso fare?
• Sono giuste le punizioni?
• Mio figlio ha vere e proprie crisi di rabbia, cosa dovrei fare?
• Mio figlio non parla ancora, devo preoccuparmi?
• Mio figlio morde gli altri bambini, come devo fare?
• Come faccio a fargli rispettare le regole?
• Ho un figlio con disabilità e ci sono difficoltà a scuola, cosa devo fare?
• Ci stiamo separando, come comportarci con nostro figlio?
• Come faccio a convincere mio figlio a dormire solo nel suo letto?

Con i figli grandi:

• Mio figlio non comunica con me, come posso fare?
• Mio figlio non studia, è sempre “connesso” cosa devo fare?
• Mio figlio non vuole andare a scuola, cosa faccio?

Il punto di partenza è l’ascolto dell’esperienza di ciascuno, tramite un primo colloquio di un’ora massimo con uno o entrambi i genitori, per valorizzare ciò che talvolta si tende a tralasciare o a giudicare negativamente, come per esempio ciò che si percepisce come errore, imprevisto e conflitto. Questi possono diventare importanti spunti di riflessione per riequilibrare le dinamiche relazionali, creandone di nuove, inaspettate e più funzionali. Quindi, attraverso una prima analisi conoscitiva delle problematiche che più preoccupano viene dato, poi, ampio spazio alle domande, dubbi e perplessità così da individuare insieme delle soluzioni.

Al termine della consulenza il genitore può avere le idee più chiare su ciò che sta vivendo, sul motivo della propria fatica, o sulla fase di sviluppo che sta attraversando il suo bambino. La sensazione è quasi sempre quella di sentirsi subito più tranquilli e in pace con se stessi. Compresi e non più soli nel proprio percorso. Si potrà comprendere in quale direzione andare e cosa fare, in pratica, ogni giorno, per il raggiungimento dei propri obiettivi personali e familiari.

Fonte: Parentube – Dott.ssa Elisa Trezzi

Il reato di maltrattamenti in famiglia scatta anche per quelle condotte omissive che conducono al degrado nell’accudimento dei figli minori. La Corte di Cassazione, Sesta sezione penale, con la Sentenza n. 8617/2024, ha ritenuto integrato il reato di maltrattamenti in famiglia (572 c.p.) nel caso disinteresse e trascuratezza nei confronti dei minori da parte del genitore.

La decisione della Suprema Corte

La Corte d’Appello sceglie di riformare la sentenza assolutoria resa nel corso del giudizio abbreviato di primo grado, e condanna la madre imputata per il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) commesso ai danni dei due figli minori.

Valutando le dichiarazioni rese dai due figli minori, così come le annotazioni di servizio redatte in occasione dell’intervento degli agenti di polizia ed anche gli accertamenti svolti dagli Assistenti Sociali da cui discendeva la sospensione della potestà genitoriale per la madre, la condotta della donna dimostrava la configurabilità del reato di maltrattamenti.

Ad esempio i figli minori avevano riferito di essere stati frequentemente picchiati dalla madre, di essere stati costretti a dormire nel pomeriggio per poi seguirla fino a tarda notte in locali notturni. Altresì spesso si verificava che la madre, per effetto dell’abuso di sostanze alcoliche, non fosse in grado di occuparsi né dei figli minori, né tantomeno di sé, al punto tale che i figli minori rimanevano totalmente privi di assistenza, vivendo in uno stato di trascuratezza e abbandono.

La madre proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’erronea valutazione della sua condotta, adducendo le responsabilità dei fatti esclusivamente sul disagio familiare profondo ed alla sua dipendenza dall’alcool.

La Corte di Cassazione, Sesta sezione penale, con sentenza n. 8617 del 27 febbraio 2024, riteneva il ricorso inammissibile.

Innanzitutto, secondo i giudici della Suprema Corte, il reato di cui all’art. 572 c.p. può essere integrato quando viene imposto ai figli (ancor più se minorenni) uno stile di vita inadatto all’età e allo sviluppo della personalità, connotato non solo dalle soventi violenze fisiche ma anche da un generale disinteresse verso l’accudimento.

In secondo luogo, abbracciando l’orientamento consolidato, i Giudici hanno ritenuto che il reato di maltrattamenti in famiglia possa essere integrato anche alla luce di omissioni da parte del genitore, tali da non provvedere all’assistenza e alla protezione del minore.

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Le separazioni familiari possono essere momenti di grande turbamento emotivo, soprattutto per i più piccoli. In questi momenti delicati, la pedagogia svolge un ruolo fondamentale nel fornire supporto e orientamento per garantire il benessere dei bambini coinvolti.

La pedagogia, come scienza che si occupa dell’educazione, si propone di comprendere e affrontare le dinamiche familiari durante le separazioni in modo empatico e costruttivo. Piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulle questioni legali, l’approccio pedagogico considera il benessere emotivo e psicologico dei bambini come priorità assoluta.

Durante questo processo, è essenziale coinvolgere attivamente i genitori, incoraggiandoli a comunicare apertamente e a lavorare insieme per garantire la continuità educativa e il benessere per i loro figli. La pedagogia, come scienza pratico-progettuale, può disegnare percorsi e fornire strategie per affrontare quelle difficoltà collegate all’evento della separazione dei coniugi.

Inoltre, la pedagogia nelle separazioni familiari, qualora sia necessario, promuove il coinvolgimento di figure di supporto esterne, come pedagogisti, psicologi o mediatori familiari, per offrire un sostegno aggiuntivo.

Infine, è importante ricordare che ogni situazione è unica e richiede un approccio personalizzato. La pedagogia, da sempre, riflette sull’esperienza vissuta considerando ogni esperienza unica perché unico è il soggetto che la vive. Allo stesso tempo, però, è necessario leggere una situazione per proporre piste di miglioramento e azioni volte a superare momenti difficili, in primis creando un ambiente attento al benessere dei bambini.

Se avete domande o avete bisogno di supporto, non esitate a contattarci. Siamo qui per voi e per i vostri bambini.

Ai fini della configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non può sostituire arbitrariamente la somma di danaro stabilita dal giudice civile con “regalie” di beni voluttuari o, comunque, inidonei ad assicurare il quotidiano soddisfacimento delle esigenze primarie. In tal senso si è pronunciata la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 14025 del 5 aprile2024.

Il Tribunale di Verbania condannava Tizio per il reato di violazione degli obblighi di assistenza famigliare nei confronti del figlio minore alla pena sospesa di due mesi di reclusione e al risarcimento in favore della parte civile costituita.

Tizio impugnava la sentenza avanti alla Corte di appello di Torino, che confermava la sentenza di primo grado, condannando l’imputato al pagamento delle spese processuali e delle spese di rappresentanza e assistenza nei confronti della parte civile costituita.
Tizio ricorre in Cassazione, deducendo:

a) la insussistenza del reato, in quanto l’imputato aveva ceduto il proprio credito di tremila euro nei confronti del datore di lavoro alla compagna, e, dunque, la mancata percezione dell’assegno di mantenimento per il figlio minorenne sarebbe dovuta non già ad un inadempimento dell’imputato, bensì dell’ex compagna;

b) la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.: la Corte di appello non avrebbe considerato che l’imputato aveva disposto due bonifici di cento euro ciascuno nei confronti del figlio e che, comunque, aveva consegnato danaro e generi di prima necessità alla madre, a titolo di mantenimento del figlio.

c) l’inadempimento si sarebbe protratto solo per undici mensilità e, dunque, non avrebbe assunto carattere di abitualità; dopo tale lasso di tempo l’imputato, peraltro, avrebbe integralmente versato l’assegno di mantenimento e avrebbe versato anche l’importo omesso nel lasso di tempo oggetto del presente giudizio.
Per la Cassazione i motivi sono infondati:

1) ai fini della configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non ha la facoltà di sostituire, di sua iniziativa, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento con un altro bene, quando tale prestazione sia inidonea ad assicurare una concreta e rapida disponibilità economica ad un soggetto privo di capacità reddituale;

2) nel caso di specie, l’obbligo di mantenimento nei confronti del figlio minore non può essere assolto dal genitore a mezzo della cessione di un credito verso un terzo, peraltro di complessa escussione e di incerta realizzazione;

3) quanto poi alla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la giurisprudenza prevalente ritiene, che la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen o è applicabile al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, a condizione che l’omessa corresponsione del contributo al mantenimento abbia avuto carattere di mera occasionalità: nel caso in esame, la Corte di appello ha, tuttavia, escluso, non certo illogicamente, la mera occasionalità della condotta inottemperante dell’imputato, in quanto la stessa si è protratta per oltre un anno.

Bibliografia: Avv. Anna Andreani – avvocatoandreani.it Risorse Legali

Scarica la Sentenza della Cassazione n. 14025/2024

Finalità della Mediazione Familiare

  • offrire ai genitori un contesto strutturato in cui con l’aiuto del mediatore riescano a gestire il conflitto a vantaggio della capacità di negoziare gli accordi;
  • aiutare i genitori a cercare soluzioni più adatte alla specificità della loro situazione e dei problemi per tutti gli aspetti che riguardano la relazione affettiva ed educativa con i figli;
  • sostenere i genitori nella ricerca di accordi durevoli, puntando a una trasformazione della loro relazione e non soltanto alla ‘soluzione’ di un problema contingente.

Obiettivi della Mediazione Familiare

  • garantire la continuità dei legami genitoriali per il mantenimento di stabili e significativi rapporti dei figli con entrambi i genitori;
  • incentivare la responsabilità congiunta nelle decisioni da prendere per i figli;
  • raggiungere l’equilibrio doveri/diritti dei genitori verso i figli;
  • facilitare la comunicazione tra i genitori nella gestione dei figli;
  • stimolare la collaborazione dei genitori nella gestione dei figli;
  • ricreare un clima di fiducia che permetta di mantenere un livello di rispetto reciproco tra i genitori.

Bibliografia: “Mediazione Familiare: il giudice, l’avvocato e il mediatore” di Gloria Servetti, Daniela Rodella, Chiara Vendramini, Officina del Diritto – Giuffrè Francis Lefebvre Editore

Le professioni pedagogiche ed educative avranno il loro ordine e albo professionale, un nuovo passo che qualifica il percorso di queste professioni.

In queste settimane è stato approvato in via definitiva il Disegno di Legge su “Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali” (Atto Senato 788/2024).

Il percorso di riconoscimento delle professioni educative e pedagogiche è iniziato con l’approvazione della Legge 205/2017, commi 594-599, che recepivano l’iniziativa legislativa della Parlamentare e Professoressa Vanna Iori. La Legge su “Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali” prosegue l’importante percorso normativo di accreditamento pubblico e istituzionale.

L’ampio consenso parlamentare corrisponde ad una viva attesa e a un forte apprezzamento di tanti educatori e pedagogisti. Il provvedimento legislativo, composto di tredici articoli che in diversi passaggi riprendono la Legge 517/2017, specifica le disposizioni che configurano l’ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative.

La prevista istituzione degli albi professionali sancisce l’operatività del riconoscimento giuridico. Pedagogisti ed educatori svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo di un sistema di welfare a servizio delle persone, delle famiglie e delle comunità. Professionalità pedagogiche ed educative sovente impegnate nelle frontiere delle nostre società per contrastare le povertà e il disagio e promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno in ogni età della vita.

Grazie a tutte le forze politiche che alla Camera dei Deputati e al Senato hanno assicurato, in modo unanime, il riconoscimento normativo alla professionalità degli educatori e dei pedagogisti.

Ogni disposto legislativo apre questioni applicative da chiarire, discutere e seguire con attenzione e spirito critico, nei diversi territori. La comunità scientifica della pedagogia universitaria italiana, mentre saluta con entusiasmo questa nuova fase che si apre, si impegna al confronto e all’approfondimento di temi e problemi scientifici nel vivo delle pratiche lavorative, in dialogo con gli stakeholder, accompagnando i processi di professionalizzazione.

Fonte: “Siped – Società Italiana di Pedagogia

La Mediazione Familiare è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio.

Il mediatore familiare, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori, insieme, elaborino in prima persona un programma di separazione, che tenga conto degli aspetti psicologici, relazionali, patrimoniali e organizzativi, soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale.

Rispetto al recente scenario in cui i riferimenti alla Mediazione Familiare sono stati disorganici, la Riforma Cartabia sistematizza e dà valore alla Mediazione Familiare quale risorsa per la gestione della conflittualità tra genitori che affrontano la vicenda separativa, siano essi legati da vincolo matrimoniale o no, e lo fa nell’ambito di un più ampio disegno di introduzione di un rito unico che verrà trattato avanti ad un tribunale unico specializzato.

La Mediazione Familiare è un percorso di costruzione e di gestione della vita tra i membri di una famiglia per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione, sia la coppia sposata o convivente, o al divorzio. Il percorso si svolge alla presenza di un terzo indipendente e imparziale, il mediatore familiare che, con una preparazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, accompagna i genitori, debitamente informati e liberamente consenzienti, verso una finalità concordata innanzitutto tra loro.

Il mediatore facilita il confronto tra i genitori su tutti gli aspetti relativi alle relazioni con i figli (ad esempio educazione, istruzione, salute, mantenimento, tempo libero, frequentazioni, organizzazione della presenza di ciascuno accanto ai figli) e su altri temi oggetto di disaccordo (quali, ad esempio, le questioni economiche) in modo che siano i genitori stessi, in prima persona, a elaborare un programma di separazione soddisfacente per loro e per i figli in cui poter esercitare la comune responsabilità genitoriale.

In questo lavoro il mediatore, in una serie limitata di incontri (circa 10-12), facilita la comunicazione tra i genitori accompagnandoli e sostenendoli nella ricerca di soluzioni realistiche, favorisce la collaborazione, la negoziazione e lo scambio costruttivo tra loro, astenendosi da qualsiasi compito valutativo o interpretativo. La sua azione è unicamente compositiva, aiutando i genitori a passare dal piano dello scontro a quello del confronto.

Bibliografia: “Mediazione Familiare: il giudice, l’avvocato e il mediatore” di Gloria Servetti, Daniela Rodella, Chiara Vendramini, Officina del Diritto – Giuffrè Francis Lefebvre Editore

Il provvedimento di nomina dell’esperto, un intervento efficace sotto il profilo della ripresa o del miglioramento dei rapporti tra i minori e i genitori, non può prescindere da un’indagine sulle motivazioni che hanno provocato le difficoltà relazionali. Per aiutare a superare il conflitto è necessario conoscerne le cause ed appare opportuno – se non doveroso- che sia lo stesso professionista a compiere tale verifica. L’esperto dunque può sia assumere compiti di natura valutativa, che individuare le attività necessarie per risolvere i conflitti e offrire sostegno.

Trattandosi di un ausiliario del giudice (più esattamente appartenente alla categoria residuale degli “altri ausiliari” di cui all’art. 68 c.p.c. contrapposta agli ausiliari tipici) che opera in una situazione di terzietà, facendo applicazione analogica dell’art. 193 c.p.c., può affermarsi che anche l’esperto ex art. 473 bis.26 c.p.c. debba svolgere la sua funzione sotto il vincolo del giuramento.

Nel caso in esame il Giudice ha disposto, in accordo con il padre, la sospensione degli incontri padre-figlio, a seguito del rifiuto opposto dal minore, fino a quando l’esperto nominato ne avesse ritenuta opportuna la ripresa.

Scarica il Decreto del Tribunale Ancona – Dott. Valerio Guidarelli – 4 marzo 2024

La riforma Cartabia nel processo familiare e minorile ha previsto -in caso di domande di natura economica-, l’onere per le parti di allegare la documentazione attestante la situazione reddituale e patrimoniale personale e familiare, sanzionando la mancata o incompleta produzione di tale documentazione.

Per la verità, la novella ha fatto propri protocolli di pratiche già in precedenza in uso in alcuni tribunali italiani; per tutti, ricordo Genova, Verona e Milano.

In questi, i modelli utilizzati recavano -e recano giacché ancora in uso- l’elenco dettagliato dei redditi, patrimoni e spese che compongono quel “tenore di vita” alla base delle decisioni sul mantenimento (dei figli o del coniuge debole che sia). Mentre, infatti, i redditi dichiarati (o patrimoni fruttiferi) costituiscono presunzione di capacità di spesa, la spesa -di contro- è la riprova dei primi: si pensi, ad esempio, caso limite ma significativo, ad un genitore che dichiara al fisco 1.000,00€/mese e tutti gli anni va in vacanza in Costa Smeralda con la sua BMW.

Compresa la funzione dei modelli dichiarativi in uso nei citati tribunali e le finalità che la riforma Cartabia ha imposto nei casi di domande giudiziali di contenuto economico, ossia obblighi di correttezza e probità tra le parti in causa, si allega un modello “disclosure” -dichiarazione relativa ai redditi e patrimonio- cui quanti si approcciano a separarsi, divorziare o chiedere l’affidamento dei figli saranno chiamati a documentare.

Potrete scaricare il documento in modo da comprendere bene cosa sarete chiamati a dichiarare e documentare al tribunale in caso di separazione, divorzio o affidamento minori.

Avv. Francesco Tesoro

Scarica il modello della Dichiarazione Reddituale-Patrimoniale