L’ascolto dei propri figli da parte del Giudice; le diverse interpretazioni della Cassazione.
L’ascolto del minore è l’istituto più sfuggente, assieme forse alle valutazioni di CTU ed alle variopinte forme di affido all’ente (rectius servizi sociali), che la procedura di affidamento minori conosca.
La sensazione è che acquisita, ob torto collo, all’Ordinamento interno per impulso soprattutto della Convenzione dei Diritti del Fanciullo la disciplina fatichi a dare lettura univoca delle risultanze e che ciò ponga distanza tra il diritto proclamato e quello praticato.
Nella disamina delle pronunce che seguono ho voluto sintetizzare indicazioni diametralmente difformi che la suprema Corte di Cassazione ha dato a fattispecie che, ad un primo esame, non differiscono poi molto nelle dinamiche condividendo, entrambe, l’elemento dato dal condizionamento di uno dei genitori.
Mi riferisco in primis, alla recentissima ordinanza n. 16231 dell’8 giugno 2023 della prima sezione. In questa, a fronte dell’ascolto, era emerso che il padre -ricorrente in Cassazione- aveva coinvolto la figlia in questioni economiche dei genitori e, in CTU, era anche emersa una sua mancata elaborazione del divorzio che, concludeva l’esperto peritale, poteva costituire motivo di pregiudizio.
Di tal ché, la Corte, valutava giustificabile e ben argomentata la pronuncia della corte d’appello che aveva aumentato i giorni di permanenza della minore al padre ma non aveva accolto i desiderata della figlia poiché essi non erano pienamente consapevoli in quanto indotti.
La seconda pronuncia in esame, più risalente, è l’ordinanza n. 25653/2020 che vedeva i ruoli genitoriali invertiti: questa volta era la madre ad aver esercitato condizionamento.
La Cassazione, tuttavia, riteneva che la fanciulla dovesse restare collocata presso la madre -malgrado le pressioni- poiché tale era comunque la volontà della figlia.
Ebbene, a prescindere dall’esito, sempre favorevole al mantenimento dello status quo, ossia del collocamento preesistente, sia nel caso di condizionamento dell’uno o dell’altro genitore, la nomofiliachia pare -all’esame- eccessivamente conservatrice ondeggiando, ora nell’una, ora nell’altra considerazione, pur di non cambiare molto la condizione delle cose.
Restano, almeno nei procedimenti summenzionati, alcuni principi assolutamente condivisibili come quello del diritto all’ascolto del minore, alla puntuale motivazione in caso di decisione di non procedere o di discostarsi dalle dichiarazioni del fanciullo operando, in caso di infradodicenni, valutazione della capacità di discernimento e dei rischi connessi l’ascolto diretto.
Quanti decidano di chiedere una modifica alle condizioni dei propri figli dovranno, quindi, fare serie riflessioni di opportunità con il professionista avvocato che avranno scelto considerando, di converso, che la materia è viva ed in rapida evoluzione e che la mera disamina dei precedenti della Corte di Cassazione costituisce solo una parte delle riflessioni da fare.