La frequentazione paritaria padre-figlio ha natura solo tendenziale.
La frequentazione paritaria è una scelta residuale (come parrebbe leggendo l’ordinanza in commento) o tendenziale (come afferma la stessa Corte di Cassazione)?
L’ordinanza in commento pone un nuovo tassello nel mare magnum delle pronunce affidative che è degna di nota poiché, a mio parere, confermativa del noto adagio di Tomasi di Lampedusa.
Da una parte, difatti, ribadisce la Corte, che la frequentazione paritaria ha natura “tendenziale senza che ciò possa costituire lesione della bigenitorialità”, dall’altra afferma che siccome il minore all’esame dei Servizi – cui veniva demandato accertamento – stava bene (leggasi: il collocamento materno sta funzionando garantendo al minore il giusto supporto concreto, psicologico, buona educazione e adeguata crescita), l’aumento della frequentazione richiesta dal padre (ed invero accolta dal minore tredicenne) poteva essere solo “cauto”.
L’assunto, apparentemente coerente, espone il limite di non ammettere, sin della fase degli accertamenti dei servizi sociali, alcuna alternativa concettuale al collocamento prevalente (che, come noto, predilige il permanere ad libitum una frequentazione più ampia con l’ambito materno di quanto non sia con quello paterno) limitando così le diverse alternative che, per mera ipotesi, potrebbero essere migliorative.
La pronuncia, quindi, non coglie il senso della doglianza (forse anche perché espressa male): cosa dovrebbe far tendenza al paritario (che ha appunto natura tendenziale) e per quale motivazione concreta il giudice di merito dovrebbe individuare un assetto diverso?
Parrebbe, nel leggere l’ordinanza che la motivazione del giudice di merito confermata dalla Corte, sia la funzionalità dell’assetto prevalente; mancherebbe, tuttavia, una disamina prognostica che escluderebbe il partitario (correlato all’affido condiviso che a detta degli ermellini andrebbe “tendenzialmente” applicato).
Scriveva, ad esegesi della normativa la stessa Corte di Cassazione, nel 2019 (ordinanza n. 28244/19 depositata il 4 novembre): “l’individuazione del genitore affidatario e/o collocatario deve avvenire in base ad “…un giudizio prognostico circa la capacità del padre o della madre di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di genitore singolo”, basato su elementi concreti, quali le “…modalità con cui il medesimo ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che è in grado di offrire al minore”.
Principio, quello testé enunciato, che non appare smentito da pronunce successive.
Per le ragioni che ho espresso, riterrei più adeguato un apprezzamento completo dei due ambiti (materno e paterno) onde consentire al giudice di merito la valutazione prognostica che gli compete, piuttosto che un accertamento di residualità di ipotesi paritetiche ai soli casi di malessere dei minori in assenza dei quali bisogna essere cauti (o parchi) nel lasciare che figlio e padre stiano di più assieme.
Avv. Francesco Angelo Tesoro